Il futuro non arriva, lo creiamo noi.
Non credo nella fortuna.
Non ho paura della sfortuna. Non vivo ad aspettare che “tutto si sistemi alla fine". Credo
che il Dio macchinista, colui che conduce a storia sulle rotaie della sua
volontà sovrana, sia un idolo.
La gente ha la forza di
definire gli itinerari. Noi stabiliamo le destinazioni – siamo la pietra nel
cammino o il ponte che aggiusta le rotture; siamo la fine della pista o la via
della possibilità; siamo la pessima memoria o la nostalgia che sorride; siamo
una spalla all’amico o la causa dell'ulcera. Responsabili in qualche modo per i
visi felici, noi guariamo. Generatori d'angoscia, ci ammaliamo. La nostra compagnia
porta la possibilità di fortificare l’autostima o traumatizzarla. Insegniamo a come
riprendersi o spingiamo al fango.
Siamo stati creati per essere creativi. Nella
breve storia umana abbondano dei registri del processo come culture superarono
i loro ostacoli. Se il mordere la carne cruda era difficile, imparammo a
cucinarla. Se la visione dei defunti a putrefare a cielo aperto aumentava il dolore,
imparammo a seppellirli. Se il muovere un carico richiedeva del tempo e
sprecava dell'energia, creammo la ruota.
La storia ebbe anche il lato scuro. Quando i
movimenti di via vai sembravano stimolare la libertà e minacciavano l'autorità
del capo, inventammo le recinzioni. Per aumentare il dominio territoriale e preservare
la ricchezza, organizzammo degli eserciti. Per perpetuare il potere della
tribù, raffinammo l'arte della guerra. Per fare valere il macello, mettemmo Dio
nell'equazione della barbarie. Il futuro non arriva soltanto, noi lo
creiamo. Ridisegniamo il domani inedito. Evitiamo ciò che consideravamo
inevitabile. Il futuro è arrivato, ad esempio, a Maria, che gli amici avrebbero
ferito a scuola. Dove sarà, cosa soffre attualmente?
Quando il padre di Antonio
lo ha deluso, che futuro ha preparato per suo figlio? I ragazzi che il leader
religioso ha punito, vivono quale destino? In quale misura la professoressa è stata
responsabile per la sensibilità, o la disgrazia, del poeta? Come la donna risolve
oggi il trauma di un abuso sessuale subito nell'adolescenza? Qualcuno può
ridere, o soffrire, come risultato delle azioni di altre persone.
La parola parlata, la
reazione senza riflettere, il complimento spontaneo, il commento senza pretesa,
tutto funge da malta per la costruzione dell’avvenire. Il fatalismo paralizza.
Ingenuità e passività si confondono. Disprezzo e codardia mascherano. Il “lasciar
andare per vedere ciò che succede” può
essere soltanto fugga. Credere che “Dio ha tutto sotto il suo controllo e tutto
finirà in bene”, sfigura la speranza. Non c'è scappatoia: “quel che sarà, sara”
legittimò le aberrazioni storiche. Le stelle non toccano la vita (sono eccessivamente
lontane). Se la legge della gravità è corretta, la massa delle persone che ci
circonda esercita una forza terribilmente maggiore. Il Dio scacchista, che tratta le vite come se fossero dei pedoni su una
scacchiera, non esiste. Ecco la questione essenziale: nella nostra libertà,
siamo il fattore di fortuna o sfortuna?
Soli Deo Gloria
Ricardo Gondim
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