Il Sogno non è finito
Diffido ultimamente della rotta della storia. Corteggio lo scetticismo. Un certo pessimismo segue i miei giorni da vicino. Niente, tuttavia, da disperarsi. Questi movimenti, tali crisi, non hanno la forza di far crollare il mio sistema interno. Riconosco il pericolo che le preoccupazioni pendano dall'estremo. Resisto allo scetticismo burbero perché so che esso cospira contro me. Protesto, voglio proteggere un tocco d'umore nel cuore. Se perdessi la grazia, diventerei uno chiuso in se stesso. La mia severità con la giustizia non può trasformarmi in un Javert. Non sopporto vedermi inclemente. Non desidero sedermi nella cerchia dei nichilisti amari. Pretendo di esprimere altri sentimenti. Cerco diligentemente nel mio cuore tracce di generosità, di dolcezza e di misericordia. Ho il desiderio ardente di mantenermi testardo a sognare. Non sono molto forte abbastanza per resistere con un cuore impietrito. Se ogni tanto mi mostro disilluso (senza le vecchie illusioni) non mi sono ancora ammalato, disincantato (senza l’incanto di vivere). Sì, ho perso le illusioni. Resto, tuttavia, deliziato. Non ho desistito. Sono ad anni luce dalla stanchezza esistenziale che produce suicidi. Sono contemporaneo di un mondo in cui pazzia, stupidità, indifferenza e barbarie hanno superato i loro confini; tuttavia vado inebriato con l'avventura di vivere.
Tratto poetesse e poeti come degli emissari del divino; così sublime il celebrare gioie e piangere i dolori in verso e prosa. Mi inchino alla società dei profeti; così audace il sollevare il dito contro l'ingiustizia. Ammiro i buoni samaritani; così sacro il lanciarsi dentro le savane e i campi di profughi per alleviare la sofferenza di miserevoli ed esiliati.
Mi emoziono con genitori che adottano bambini d'orfanotrofio. Credo negli umani. Sebbene odi il disprezzo dei miliardari che accumulano fortune, mantengo la speranza. Sebbene rifiuti l'indifferenza dei religiosi che danno la priorità alle loro istituzioni, mi tengo delle utopie. Sebbene mi ribelli con la decisione di un paese di bombardare l’altro, credo: i pacificatori saranno chiamati figlio di dio.
Non ho desistito. Credo nella forza del piccolo gesto. Ammetto, la mia generazione soffre i postumi di una sbornia. Sono caduti alcuni muri; altri se ne alzano. Bandiere ideologiche sono diventate uno straccio; la svastica ricompare. Sono morti gli eroi; i populisti crescono. Dove si trovano i Quixotes? Cosa hanno fatto dei santi?
Non sono fatalistico. Diffido della narrativa che la storia scivola su cammini inesorabili. Non esiste il burattino a tirare i fili del destino. Dunque, provo a non fuggire dall’arena dove anonimi riscrivono il futuro. Non mi rassegno alla sorte dei miserevoli. Non mi lascio addomesticare con il nichilismo. Mi insospettisco del discorso che non c'è più storia con la “S„ maiuscola. Credo che, pur dinanzi alla possibilità dell’annichilamento della civilizzazione, riusciremo a reinventarci. Nutro il sogno: un popolo rimanente ricomparirà nella valle delle ossa secche. Non ho desistito. Ripeto il messaggio del sermone della montagna. Il bene trionferà sulla malvagità. Non prevedo il futuro coperto con le ceneri del odio. Condivido della previsione in cui prevarranno gli umili, i miti ed i puri di cuore. Loro sono beati. Nel lungo arco della storia le persone non saranno emarginate dal colore della pelle, dall'orientamento sessuale, dalla religione (o la mancanza di essa) e dalla cultura. Un giorno, lo prevedo, giustizia e pace si baceranno. Verità e misericordia si daranno le mani. I fragili e i dimenticati avranno voce. Dio vendicherà la sorte del povero. Non oso dipingere il mondo con il rosato dell'illusione. Nutro un realismo che disdegna le risposte semplicistiche. Non riesco a vedere soluzione in frasi d'effetto. Non mi lascio fuorviare con le promesse irresponsabili di politici in campagna. Ripeto a me stesso: non esistono “ricette” facili.
Non ho della paura di spalancare la mia disillusione perché conosco
l’ eredità dei profeti Isaia, Geremia e Malachia. Loro si allontanarono da quelli che promettevano pace dinanzi alla calamità - e così provarono il gusto amaro dell'ostracismo. Il profeta non porta male augurio; soltanto fa pronostici a partire da quel che succede ed accenna ad un mondo diverso. Nella profezia di Osea, le macerie sveglieranno, chissà, l’anelito per una nuova realtà. Le lamentazioni del profeta hanno l'intenzione di sensibilizzare il popolo nella costruzione dell’avvenire. Assistere alla marcia della rovina a braccia incrociate è sempre tragico. Non, non sono esaurito. Non intendo di gettare la spugna così presto. Il sogno di altro mondo possibile non è finito; per esso lavorerò fino all'ultimo sospiro.
Soli Deo Gloria
Ricardo Gondim
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