Su ombre e luci
Si dice che l'architetto brasiliano Oscar Niemeyer progettò la Cattedrale di
Brasilia come metafora in cemento, ferro e sabbia del Salmo 23. A differenza di
altre chiese, l’ingresso scende verso il basso, scuro. È la valle dell’ombra e della
morte. Il sentiero, però, arriva allo spazio ampio e luminoso dove s’incontra
Dio. Il Salmo e la Cattedrale e descrivono la vita di molti, che si declina e
si oscura. C'è sempre qualcuno che sente la strada, già stretta, abbassare il livello e restringersi di più. Le poche luci
disturbano i passi. La discesa è da far perdere i sensi. Quando mancano le
forze, l'anima mostra segni di stanchezza e chiede "un po' più di
calma."
Nella metà dei miei cinquant'anni ho vissuto dei giorni così,
amari e tristi. Addirittura il corpo ha assorbito l’abbattimento dell'anima. Mi
vantavo sempre di essere un buon dormiglione. Ma senza sapere come, ho
cominciato a svegliarmi tra le tre e le quattro del mattino. Per superare
l'insonnia, ho cominciato a ripetere una litania. Come un giradischi rotto con
la puntina saltando sulla stessa traccia, sono giunto a ripetere ben 300 volte
(ero metodico nel contarlo): «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me."
Queste notti erano la mia valle dell'ombra della morte.
Camminare in sentieri bui ci rende un po’ piagnucoloni.
Ora, però, nella maturità, noto che sono
aumentate le mie lacrime. Qualsiasi stupidaggine fa scattare il grilletto, e comincio
a scuotere il mento. Nelle prime ore del 1 ° aprile, anniversario del colpo di
stato militare che ha catturato papà, ho pianto convulsivamente. Con le emozioni
in fiore, non potevo sopportare i ricordi dell'adolescenza, dei nonni, del vecchio
bungalow che ci ospitava a Fortaleza. Ho attraversato ancora una volta la notte
e neanche la mia litania è servita a calmarmi.
Sentieri scuri ci portano alla terapia. Ho perso il
timore religioso e ho cercato un terapeuta. Avevo bisogno di sfogarmi dettagli
su ciò che mi pungeva l'anima in un ambiente privo di colpa religiosa. Un
giorno, ho iniziato la seduta come segue: - Dottore, vorrei che il mondo si
fermasse, per poter scendere. Il dottor Marcos si è strofinato il pizzetto e mi
ha sussurrato, appena udibile: - Non c'è bisogno di fermare il mondo intero.
Perché non fermare alcune cose e scenderne? Con lo sguardo di un bambino che ha
imparato a sommare, mi è toccato sorridere e dire: - Già...
Che lezione! Avevo solo bisogno di fermare alcune giostre
e scendere da loro. Ho fatto attenzione ad alcune luci rosse che lampeggiavano.
E prima che la macchina andasse in tilt, ho cominciato a tirare le leve.
Rallentare non può essere una questione di scelta, solo
per sopravvivere. L'ombra della morte si proietta sul cammino di tutti. E la modinha portoghese mette in guardia:
"La vita è breve, e finisce." Nel sentiero oscuro, cerchiamo la mano
di altri viaggiatori, anche stranieri, e proseguiamo. Nessuna notte è eterna.
Poco più avanti, brilla il lucente bagliore della grande cattedrale.
Nelle valli oscure, liberiamoci da ambienti asfissianti. Strappiamo
le gazze maleodoranti che cercano di nascondere i vecchi risentimenti. Cerchiamo
di guarire le ferite emotive. Scrolliamo la polvere dai sandali, non come
vendetta, per essere liberi. Coniughiamo il verbo ringraziare.
Nella solitudine del cammino, cerchiamo di trebbiare in
poesia, letteratura e filosofia una teopoetica che ci riempia di bellezza.
Nell'era di individualismo, se non riusciamo ad evitare di considerarci delle
isole, vediamo noi stessi come degli arcipelaghi. Cerchiamo la serenità per
profumare la scrittura con dolcezza. Anzi essere dei santi che degli eroi.
Mettiamo da parte la paura di ripetere il luogo comune:
"Oggi è il primo giorno del resto della nostra vita" È troppo tardi per
tirarsi indietro. Altezzosi, cerchiamo di individuare ciò che ci schiaccia
contro la polvere.
“Io
vivo la mia vita in anelli che aumentano,
e
passano sopra le cose.
Forse
l'ultimo non lo compierò,
ma
tentare almeno vorrei.
Io
giro attorno a Dio e all'antica torre,
e
sto girando da millenni,
e
ancora non so: sono un falco, una tempesta
oppure
un grande canto.”
(Rainer Maria Rilke)
Soli Deo Gloria
Ricardo Gondim
Soli Deo Gloria
Ricardo Gondim
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